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  • La globalizzazione alimentare

    La globalizzazione alimentare

    Con il termine globalizzazione ci si riferisce a un nuovo modo di vivere l’economia e la gestione delle aziende di carattere mondiale mediante due importanti punti di inizio: aumento del commercio internazionale e la diffusione di un modello stardarlizzato nella presentazione e nella disponibilità dei beni. La tipologia di azienda dei fast food sta generando problemi di carattere alimentare in tutto il mondo. Ed ecco come in Italia, per esempio, in meno di 10 anni sono nati ben 330 nuovi fast food e altrettanti punti gestiti dalle multinazionali del consumo veloce. Se da un lato le aziende specializzate nei fast food avvicinano i grandi, promettendo velocità e cibi gustosi, dall’altro tentano di avvicinarsi al mondo dei più piccoli (con genitori al seguito) utilizzando soluzioni di business che dal semplice regalino nei pacchetti cibo al parco giochi attrezzati all’esterno delle strutture fino ad arrivare alla scelta di un simbolo-personaggio come il clown per le pubblicità. Una nota azienda di fast food è stata nel mirino di un film-documentario che ha avuto molti riconoscimenti e che ha scosso l’opinione pubblica americana così tanto da portare altre importanti aziende del settore alimentare a modificare alcune scelte pubblicitarie e componenti dei diversi piatti. Il documentario “Supersize Me” uscito l’8 aprile 2005 nelle sale americane racconta la vita alimentare di un mese del registra protagonista Morgan Spurlock. Un mese in cui colazione, pranzo e cena vengono consumate nel fastfood mangiando solo quello che è disponibile sul menù, accettando le maxiporzioni solo quando vengono offerte e mangiando tutti i piatti proposti sul menù almeno una volta. Dopo un mese sono stati esaminati alcuni valori confrontandoli con quelli misurati prima dell’inizio dell’”esperimento”. E’ stato così possibile osservare un incremento del peso di ben 12kg con un preoccupante aumento di trigliceridi e colesterolo. Ovviamente il documentario parla di una situazione alquanto lontana da quella che noi osserviamo in Italia: l’Istat individua che consumano al fastfood colazione, pranzo e cena “solo” l’1,8% degli individui che mangiano fuori casa, ma non possiamo non considerare che il 18% degli individui, rappresentati da giovani imprenditori e soprattutto ragazzi tra i 15 e i 24 anni che consumano dalle 3 alle 5 volta in una settimana il pasto nei servizi fast food, che non possono garantire un’alimentazione bilanciata secondo il Ministero della Salute. In America dove la situazione è alquanto più preoccupante, con un 56% di individui soprappeso/obesi e con una percentuale del 45% di popolazione che consuma almeno 8 pasti alla settimana in fastfood, le grandi aziende si sono sentite nel mirino del giudizio pubblico e nella pericolosa prospettiva, ancora però remota, che a causa dell’obesità facciano la fine delle aziende del tabacco, costrette a pagare 350 miliardi di danni ai fumatori. Molte aziende hanno voluto dimostrare il loro impegno usando frumento integrale in molte varietà di corn-flakes, aggiungendo vitamine e riducendo grassi e zuccheri, interrompendo la pubblicità dei prodotti più ricchi di zuccheri rivolta ai bambini ha immesso sul mercato una nuova linea di dadi con una minore percentuale di sale e di grasso animale.

    Non bisogna focalizzare il problema dell’alimentazione di massa solamente sui fastfood. Altre tendenze sono arrivate da paesi molto vicini portando alla nascita di nuovi “momenti alimentari” che, se da un lato possono essere benissimo integrati in uno stile di vita equilibrato tra alimentazione mediterranea e attività fisica, dall’altro sono molto pericolosi se, invece di rappresentare l’eccezione, cominciano a ricoprire il ruolo di abitudine. Primo tra tutti la tendenza dell’aperitivo. Bevande più o meno alcoliche fino a veri e propri superalcolici vengono consumati insieme a formaggi e tartine di ogni tipo. Molti soggetti, proprio come succedere nei fast food, non riescono a valutare la quantità di cibo e di calorie introdotte e molte volte segue una vera cena senza pensare che normalmente in un aperitivo è possibile ricoprire senza grossi problemi anche 500 calorie.  La soluzione risiede in quelle che è uno stile di vita il più possibile naturale con una scelta di cibi appartenenti alla nostra cultura e integrando attività fisica proprio come ci insegnano le molteplici iniziative alimentari pianificate dal ministero della salute.

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