Sapete che la “voglia di dolce” dipende anche dalla genetica?
Uno studio condotto dall’Università di Exeter, nel Regno Unito, già nel 2013 ha evidenziato come la variazione del gene “FGF21” sia legata a una maggiore propensione per i cibi ricchi di carboidrati come pasta, pane, e dolci, ma anche alcool.
I ricercatori hanno deciso di indagare sugli effetti delle diverse varianti di questo gene e, analizzando i dati di 500mila cittadini britannici inclusi nel database UK Biobank, hanno trovato associazioni tra la presenza della variante del gene e lo stato di salute delle persone.
Il dato che ha stsuscitato grande interesse è il minor accumulo di grasso corporeo in presenza della variante genetica (si parla di “alleli”) comune di FGF21, quella di tipo A.
Il gene “codifica” per l’ormone FGF21, prodotto principalmente nel fegato e che agisce sull’ipotalamo per regolare l’assunzione di zucchero e alcool, l’immagazzinamento del glucosio da parte delle cellule adipose e agisce come un sensibilizzatore dell’insulina.
L’analisi ha però dimostrato che, sebbene la “versione A” del gene FGF21 porti a un maggiore consumo di zuccheri e minore accumulo di adipe, essa è da associare anche a una pressione sanguigna più alta e a un rapporto vita-fianchi più alto.
In pratica il grasso corporeo, si concentra soprattutto nella parte addominale e potrebbe essere dunque anche più dannoso per la salute (sebbene la percentuale totale, rispetto ai portatori di altre varianti genetiche, sia inferiore.). Inoltre la riduzione del grasso corporeo dipenderebbe anche dal fatto che lo stesso allele comporta anche un minor consumo di proteine e grassi nella dieta.