Il concetto di qualità della vita occupa una posizione centrale nel dibattito bioetico contemporaneo, sia dell’attualità del problema, sia perché funge da linea crinale tra diverse impostazioni teoriche.
La società si riorganizza con l’obiettivo di garantire ai propri membri un sempre maggiore “benessere”, tanto che si parla di “welfare state” e di “welfare society” come criterio per individuare gli spazi di miglioramento psico-fisico.
Bisognerebbe abbracciare fattori che contribuiscono a determinare la qualità della vita cercando di migliorarla dove la cultura dominante la considera come valore primo e assoluto e la interpreta in termini di efficienza economica, di godibilità consumistica, di bellezza e vivibilità della vita fisica, separata dalle dimensioni relazionali, spirituali e di esistenza.
La percezione della qualità è, dunque, multidimensionale e può dipendere dalla natura del prodotto/servizio, dal contesto di riferimento (ciò che in un determinato contesto viene considerato di qualità può essere considerato di scarsa qualità in un contesto diverso o da un’altra persona), dalle aspettative, dalla percezione (basata sulle conoscenze specifiche del prodotto/servizio, sui convincimenti, sui valori, sulle emozioni, sulle informazioni raccolte attraverso la pubblicità i media, gli amici), dai bisogni al momento della valutazione.