L’interesse per il modello nutrizionale di Dieta Mediterranea (DM) nasce, a partire dall’inizio degli anni ’60, dalla valutazione dello stato di salute degli adulti che vivevano nei paesi del bacino del Mediterraneo. In particolare, si osservò che l’incidenza della mortalità e morbosità per malattie cardiovascolari era molto più bassa a Napoli che a Boston.
Questo effetto positivo poteva essere spiegato dalla differenza socio-economica rispetto ai paesi industrializzati che si traduceva, conseguentemente, anche in un regime alimentare più semplice e povero.
Da lì sono partiti un gran numero di studi concentrati sulla dieta dell’area mediterranea come uno dei fattori esplicativi dello stato di salute di quelle popolazioni.
Tra i più importanti c’è uno studio di coorte che ha esaminato i comportamenti alimentari delle popolazioni residenti nelle aree rurali di Crevalcore (Bologna) e Montegiorgio (Ascoli Piceno) e che ha portato alla definizione dell’Indice di Adeguatezza Mediterraneo – IAM.
Questo indice esprime il rapporto tra l’energia totale fornita dai gruppi alimentari appartenenti alla Dieta Mediterranea (cereali, frutta, legumi, vegetali, pesce olio vegetale e vino rosso) e l’energia totale fornita dai gruppi alimentari non appartenenti alla Dieta Mediterranea (latticini, carne, uova, grassi animali, zuccheri).
L’indice fu poi confrontato con il modello alimentare dei cittadini di Nicotera (Reggio Calabria). Il consumo preponderante di alimenti tipici mediterranei, fece osservare alti valori di IAM e la dieta della popolazione di Nicotera fu riconosciuta dalla comunità scientifica come modello di riferimento della Dieta Mediterranea.
Tali valori non furono, però, riscontrati nei riesami effettuati 30 anni dopo nelle stesse popolazioni, indicando una progressiva perdita di aderenza alla DM.
Il modello di Dieta Mediterranea è attualmente oggetto di grande interesse tale da essere candidata come Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità dell’UNESCO.
Anche nell’edizione revisionata delle linee guida americane è sottolineato ancora una volta l’importanza della DM come modello alimentare salutare caratterizzato da: un elevato consumo di frutta, verdura, cereali, legumi, pesce e frutti di mare, olio di oliva come principale fonte di grasso, moderato consumo di alcolici (in particolare vino rosso), un basso o moderato consumo di latticini (soprattutto formaggi) e un consumo relativamente basso di carne e derivati.
Il modello alimentare Mediterraneo è comunemente rappresentato da una piramide, strutturata in modo che gli alimenti che la compongono siano divisi in base alle differenti frequenze di consumo giornaliero o settimanale.
Tuttavia, accanto alla convinzione comune che la DM sia un modello alimentare da seguire, in realtà pochi hanno conoscenza effettiva di cosa comporti, come emerge da uno studio condotto dai ricercatori del Dipartimento di Medicina Interna, dell’Invecchiamento e Malattie nefrologiche dell’Università di Bologna.
In questo studio, il 55% del campione intervistato non è stato in grado di definire correttamente la Dieta Mediterranea. Inoltre solo il 40% ha mostrato di conoscere e seguire le indicazioni contenute nella piramide alimentare.
Uno studio condotto sulla popolazione ultra ottantenne della provincia di Viterbo, ha esaminato gli stili di vita, le abitudini alimentari, la performance fisica e il consumo di prodotti tipici locali della Tuscia. E’stato osservato che quanti avevano consumato prodotti locali, per lo più provenienti da allevamenti e coltivazioni proprie, avevano conservato negli anni una maggiore autonomia e un buono stato di salute generale. Di contro, però un altro studio condotto su bambini greci ha evidenziato alti livelli di sodio contenuti in alcuni alimenti legati tradizionalmente alla dieta mediterranea (alcuni tipi di formaggi e derivati della carne) predisponendo i giovani al rischio di contrarre malattie cardiovascolari.