In letteratura sono numerosi gli studi dedicati alla tipicità e alla percezione di qualità dei prodotti tipici.
Sono state fornite risposte interessanti da un’indagine Nomisma, secondo cui il concetto di tipicità dei consumatori è legato principalmente alla genuinità del prodotto e all’assenza di conservanti, mentre altri attributi come la produzione con materie prime del territorio, l’applicazione di metodi artigianali, il rispetto di ricette tradizionali e l’acquisto nel luogo di produzione, sono considerati tutti aspetti secondari.
Dall’indagine risulta anche una scarsa conoscenza dei consumatori sui prodotti DOC, DOP, IGP, ecc., anche se poi dichiarano di prestare importanza alla provenienza dei prodotti e di apprezzare i marchi di qualità.
Appare evidente, dunque, una forte confusione e incertezza dei consumatori sul significato e l’importanza di queste certificazioni. In questo lavoro non ci occupiamo solo di definire gli aspetti normativi e procedurali legati all’attribuzione dei vari marchi di tipicità, ma ci interessa fare un po’ di chiarezza su quella che è la percezione di prodotto tipico del consumatore campano.
Cosa si intende per prodotto tipico? Quando si parla di prodotto agroalimentare tipico, in genere, s’intende un prodotto ottenuto in un particolare ambiente, caratterizzato da specifiche condizioni ambientali e realizzato secondo metodi tradizionali che conferiscono al prodotto caratteristiche di unicità e di irriproducibilità al di fuori di quello specifico contesto territoriale. Appare, dunque, chiaro che il concetto di tipicità di un prodotto è legato non solo alle caratteristiche strettamente ambientali del territorio (geografiche, pedologiche, paesaggistiche, ecc.) ma anche a tecniche di produzione tradizionali e preparazioni gastronomiche specifiche del territorio d’origine.
Al fine di consentire la valorizzazione e la specificità dei prodotti agroalimentari, la Comunità Europea ha adottato specifiche misure di regolamentazione della qualità e di tutela giuridica dei prodotti tipici.
Attraverso l’attuazione dei Regolamenti (CE) N.2081/92 (denominazione d’origine e identificazione geografica protetta) e N. 2082/92 (specialità tradizionali garantite) e successive riforme, sono stati istituiti i marchi DOP, IGP e STG.
La classificazione dei vini è, invece, regolamentata da una normativa nazionale (legge 164 del 1992) che si riferisce a specifici regolamenti comunitari.
Nel regolamento n.2081/ 92, particolare importanza riveste l’art. 2 nel quale sono indicati gli ambiti di applicazione:
La principale differenza risiede nel fatto che per ottenere la denominazione DOP l’intero ciclo produttivo, dalla realizzazione delle materie prime fino all’ottenimento del prodotto finito, debba realizzarsi nell’area geografica d’interesse, mentre per le IGP è sufficiente che anche una sola delle fasi di produzione, trasformazione o elaborazione del prodotto si realizzi nel territorio d’origine, offrendo una maggiore libertà e flessibilità al sistema produttivo.
L’adozione di queste certificazioni nasce dall’esigenza di garantire l’informazione al consumatore sulle produzioni agroalimentari, di promuovere l’economia rurale e per proteggere i prodotti da qualsiasi usurpazione, imitazione o abuso che possa indurre in errore il consumatore.
I prodotti tipici possono rientrare in due principali categorie: