Molto spesso, quando ci si interroga sulle abitudini alimentari, si cita Ludwig Feuerbach, il “torrente di fuoco” che verso il 1860 diede massima notorietà al popolare gioco di parole tedesco Man ist was Mann isst (letteralmente: Si è ciò che l’uomo mangia).
L’aforisma ha un approccio filosofico innegabilmente materialistico sulla coincidenza tra essere umano ed essere “animale”, parte della natura. Per la verità, tutta la storia dell’alimentazione (e particolarmente la riflessione sul rapporto alimentazione-ambiente) mostra una ben superiore complessità della relazione tra cibo e umanità (cioè, tra natura e cultura) di quella provocatoriamente delineata in modo semplicistico dall’aforisma. Il che conferisce, al giorno d’oggi, ancora più pregnanza a una riflessione ad ampio raggio sull’alimentazione, che è il più forte elemento di pressione e la principale fonte di esposizione per l’uomo.
Se, infatti, l’uomo con le sue attività entra nell’ambiente, viceversa quando si alimenta fa sì che l’ambiente entri in lui stesso attraverso alimenti di origine animale e vegetale, che subiscono l’influenza dell’ambiente; ambiente in cui, alla fine, si riversano anche tutti gli elementi utilizzati per la produzione alimentare.