Il cibo racchiude significati simbolici e relazionali. La sua condivisione determina veri e propri rituali per l’individuo e per il gruppo. La cena, ad esempio, è il momento della giornata in cui si riunisce tutta la famiglia, originando e alimentando, giorno dopo giorno, un processo di costituzione dell’intimità e della vicinanza.
Sono proprio gli atti di condivisione come questo che rendono il cibo un catalizzatore di rituali sociali. «Gli esseri umani quando mangiano e bevono non ricorrono direttamente alla natura né assolvono un mero atto anatomico e fisiologico. Sia che osserviamo i gruppi più primitivi, una tribù aborigena australiana, un piccolo gruppo di abitanti della Terra del Fuoco, o una comunità americana o europea raffinatissima, incontreremo ovunque manifestazioni di “commensalismo”. Le persone mangiano spesso assieme su una tavola comune o su un pezzo di impiantito riservato a questo scopo, attorno a un fuoco a una tavola o a un bar. Troveremo anche che il cibo è già stato preparato, cioè scelto, cotto, arrostito e condito. Viene usato qualche apparato fisico per mangiare, si osservano determinate buone maniere e si definiscono accuratamente le condizioni sociali dell’atto», afferma l’antropologo Malinovski.
Mangiare è condividere e la nostra Dieta Mediterranea ne è il più concreto esempio. Essa pone al centro l’abitudine di condividere i pasti, in famiglia e con gli amici. Come è stato sottolinato in sede di riconoscimento Unesco, la dieta mediterranea promuove l’interazione sociale perché i pasti comuni sono la pietra angolare delle feste e delle nostre tradizioni sociali.